5.14.2020

BOYLE E NEWTON

Per capire quanto sia stato laborioso e complesso il percorso di ricerca individuale e collettiva che ha dato origine alla scienza moderna è utile prendere in considerazione la posizione assunta da due personaggi di grande spicco nei confronti dell' alchimia,di cui si è visto quanta importanza avesse nel movimento della Rosa-Croce.

II primo è quel Robert Boyle che affermò di aver avuto in giovinezza dei contatti con un fantomatico Collegio Invisibile. II suo scritto principale, Chymista scepticus ("II chimico scettico"), venne pubblicato nel 1661, un anno dopo la fondazione della Royal Society di Londra. Boyle dimostra in quest'opera di non credere più nella possibilità di ridurre tutte le sostanze corporee ai quattro elementi della tradizione empedoclea o alle tre essenze della tradizione alchimistica. Alla dottrina delle essenze egli oppone la dottrina atomica: se la materia è unica, costituita da atomi dotati di grandezza, forma e movimento, lo studio della chimica prenderà a oggetto le azioni che i corpi esercitano tra di loro, prescindendo del tutto dai nessi di simpatia e dai legami occulti cui si era insistentemente fatto ricorso dagli alchimisti» (M. Dal Pra).

Ma a guardar bene Boyle prende le distanze dall'alchimia pratica, più che dall'alchimia spirituale proposta dal movimento rosacrociano.Egli era profondamente convinto che la ricerca scientifica non potesse prescindere da una visione religiosa dell'universo. II rapporto tra il Divino e il mondano non è concepito da Boyle in termini razionalistici, ma come il costante intervento di Dio nella Creazione per mantenervi l'ordine e l'armonia.

La posizione religiosa di Boyle corrisponde a quella di Isaac Newton (1642-1727) che, dopo aver concluso gli studi universitari incentrati sulla matematica, l'astronomia, la fisica e la chimica, fece le sue principali scoperte dal 1665 al 1667, come è documentato dalle memorie presentate alla RoyaI Society, di cui era entrato a far parte e di cui sarebbe diventato il presidente nel 1703.

Nonostante Newton sia considerato una figura-chiave nell'affermazione del metodo matematico-sperimentale, in cui la matematica non ha per nulla connotazioni platoniche, proprio l'ordine dell'universo, che si arriva a constatare attraverso la ricerca scientifica, ci fa giungere fino a Dio: «I fìlosofi devono risalire dai fenomeni ed esperimenti alle cause di essi, e da queste alle cause di queste cause, e così via fino alla causa prima». Se dunque I'osservazione della natura conduce inevitabilmente a Dio, in ambito religioso non hanno senso le contrapposizioni fra correnti e organizzazioni confessionali, perché le verità essenziali di tulle Ie religioni non sono altro che esplicitazioni di un unica filosofia naturale.

E' stimolante osservare come, benché più giovane di Boyle, Newton non avesse trascurato di raccogliere e studiare le opere di contenuto alchemico, come ha dimostrato lo studio dei suoi manoscritti. In effetti, senza soluzione di continuità rispetto alla tradizione ermetica rinascimentale, l'alchimia aveva avuto nell'lnghiltrrra dell'età elisabettiana una vigorosa ripresa, sulle orme di Paracelso e per opera soprattutto di John Dee e di Edward Kelley.

L'invito di Newton a cercare Dio a partire dalla natura, superando le contrapposizioni dottrinali, ricorda la posizione di Michael Maier e l'alchimia spirituale di cui era sostenitore. E Newton fu particolarmente interessato a questo personaggio, dì cui trascrisse interi passi e descrisse con parole sue alcuni emblemi.

Sulla base di queste considerazioni la più volte citata F.A. Yates osserva: «Non sembra storicamente fantasioso prendere in considerazione come ipotesi... la possibilità che un elemento"rosacrociano', indubbiamente in una foma riveduta o mutata, avesse parte nell'interesse di Newton per I'alchìmia».