5.14.2020

IL "MITO DI FONDAZIONE"

Nel proporre la sua opinione circa l'origine storica dei Rosa-Croce anche il noto studioso Elémire Zolla chiama in gioco John Dee, a suo parere modello del personaggio di Prospero del dramma shakespeariano La Tempesta, vale a dire il mago buono che non usa i suoi poteri per vendicarsi dei nemici, ma per indurli a ravvedersi.

Dee avrebbe contribuito, assieme ai poeti di corte, a fare della regina Elisabetta I un mito, promuovendone I'immagine anche fuori dai confini nazionali come la Vergine Astrea d'una casta religione (Nella mitologia greca la dea Astrea, figlia di Zeus e di Temi, impersonava la bontà e la giustizia regnanti nell'età dell'Oro. Venuta dall'Olimpo sulla terra per aiutare i mortali a coltivare questi valori, restò disgustata dal comportamento umano e, quando vide che gli importanti doni da lei recati venivano sempre più disattesi e calpestati, se ne tornò in cielo, per risplendere nella costellazione della Vergine.) Nel 1603 la grande regina moriva e fu allora che, secondo Zolla, entrarono in campo i Rosa-Croce.

II loro mito di fondazione, vale a dire la scoperta di un sepolcro intatto,contenente gli arcani della sapienza e del potere, di cui si parla tanto nella Fama Fraternitatis quanto nelle Nozze chimiche, sarebbe secondo Zolla di origine bizantina. La "Confraternita" si sarebbe attivata per innestarvi «il piano della Nuova Atlantide di Francesco Bacone, che poneva il laboratorio di scienze applicate al centro dello Stato ideale, retto da un imperatore filosofo. Di questo essi credettero di trovare l'esempio in Federico di Hesse, c combinarono le sue nozze con una principessa inglese, quindi organizzarono la sua elezione al trono del Sacro Romano Impero».

L'investimento politico su queste nozze reali sarebbe stato tanto maggiore in quanto un anno prima, nel 1612, moriva prematuramente il fratello di Elisabetta, Enrico, patrono delle arti e delle scienze, il quale, quando gli fosse toccato il trono come Enrico IX, avrebbe ben potuto ergersi come paladino delle forze protestanti contro l'odioso impero cattolico manovrato dal Papato e dagli Asburgo.

Nel frattempo il piano rosacrociano, forse per tramite dello stesso Dee che soggiornò a lungo in Boemia e ne conobbe le personalità più significative, avrebbe messo in conto anche la sollevazione di questo Stato formalmente elettivo e l'offerta a Federico della corona di Boemia perché potesse in futuro toccargli la guida dell'Impero. (Si ricordi per inciso che l'Elettore del Palatinato aveva il leone come emblema araldico.) Yates indica in Christian von Anhalt, consigliere della corte palatina di Heidelberg, cabalista e alchimista, il referente continentale, se non il principale artefice del piano.

Questa ricostruzione storica renderebbe conto del fatto che un'organizzazione restata per anni doverosamente segreta avesse sentito la necessità di saggiare le possibilità di successo del proprio piano a livello di consenso pubblico, soprattutto fra gli intellettuali che ne erano all'oscuro, e quindi giustifica l'improvvisa comparsa dei "manifesti" della Confraternita dei Rosa-Croce.